Nel weekend di San Martino, l’11 e il 12 novembre, il paese di Mirano, in provincia di Venezia, torna indietro nel tempo, più precisamente ai primi anni del 1900. Il centro storico della cittadina è animato dalla Fiera dell’Oca e dal Zogo de l’Oca de Miran, una trasposizione dal vivo del celebre gioco dell’oca in cui Mirano e frazioni si sfidano a colpi di dadi.
UNA FESTA DALLE ANTICHE RADICI
Il Zogo de l’Oca in Piazza sarà il clou della due giorni della Fiera de l’Oca. Un evento che torna ogni anno ad animare il centro storico di questa cittadina nel cuore del triangolo tra Venezia, Treviso e Padova, attirando migliaia di visitatori curiosi di (ri)scoprire una tradizione tanto particolare. La festa, infatti, cade in prossimità dell’11 novembre, giorno di San Martino. In passato proprio in questo giorno si festeggiava la chiusura dell’anno agrario e sulle tavole delle famiglie contadine faceva la sua comparsa l’oca. Vuoi perché in questo periodo dell’anno l’oca raggiunge il suo maggior splendore, con una carne così morbida da sciogliersi in bocca. Vuoi perché a Mirano i proprietari terrieri più importanti erano in maggioranza ebrei e non potevano mangiare la carne di maiale. Fatto sta che questa tradizione gastronomica si è tramandata di generazione in generazione, arrivando fino ai giorni nostri accompagnata dal celebre detto “Chi no magna l’oca San Martin nol fa el beco de un quatrin”.
UN TUFFO NEI PRIMI DEL NOVECENTO
Dall’incontro tra il gioco dell’Oca di Mirano e la centenaria Fiera di San Matteo è nata la Fiera de l’Oca, splendida rievocazione di una fiera paesana di inizio del secolo scorso. Sfruttando alla perfezione lo scenario garantito dai portici del centro storico, dagli eleganti palazzi, dal grande ovale di Piazza Martiri, mille particolari sono stati aggiunti per dare ai visitatori la sensazione di un salto indietro nel tempo. È come vedere d’improvviso prendere vita i ricordi di giovinezza dei propri nonni e bisnonni (e non a caso i racconti degli anziani del paese, uniti a foto e documenti storici, sono stati una fondamentale fonte d’ispirazione). Nulla è lasciato al caso, come in un set cinematografico. C’è il mercato, con i banchi in legno protetti da grandi teli bianchi. Ci sono gli stendardi e le bandiere con lo stemma sabaudo che scendono dai balconi. E ancora le insegne e i grandi manifesti con le prime reclame. I chioschi che propongono specialità a base d’oca accompagnate da un bicchiere di buon vino. Piazzetta Errera, è il regno del divertimento. Qui sono infatti allestiti i baracconi dei giochi di una volta, un luna park ante litteram dove i piccoli possono divertirsi con i classici divertimenti di un tempo, dal fucile con gli elastici ai barattoli da abbattere a pallate, ala pesca delle ochette in legno.
A rendere ancora più gioiosa e viva l’atmosfera ecco spuntare da ogni angolo comparse in costumi d’epoca. I carabinieri che pattugliano in lungo e il largo la piazza, controllando non solo i personaggi che si aggirano con fare sospettoso, ma anche che i prezzi di cibi e bevande siano in linea con quanto previsto dal decreto municipale. La maestra che accompagna i suoi scolari a visitare la festa, fermandosi alle bancarelle per descrivere i prodotti più particolari. Le servette che, approfittando del tanto atteso giorno di libertà, si aggirano vocianti e ridenti tra i banchi, commentando ad alta voce la qualità e la fattura di tessuti, capellini e capi di vestiario. E poi in piazza e per le vie del centro ci sono tanti artigiani al lavoro: il fotografo, tappa obbligata per una foto di famiglia con l’abito buono; il “caregheta” (da “carega”, sedia) che con mano abilissima impaglia le sedute delle sedie. Per i visitatori della fiera è impossibile non rimanere coinvolti. Tra il numero di un artista di strada e un grande cerchio di balli popolari, prima o poi tutti quanti si finisce nel turbinio della festa e del divertimento.
Come sempre, il pomeriggio di domenica inizia con la grande sfilata storica, aperta dalla banda comunale (i cui membri, manco a dirlo, vestono con abiti d’epoca) che arriverà nell’arena dove su 63 grandi tavole (di 2 metri per 2), alte 80 cm. disposte attorno all’ovale della piazza formando una grande passerella colorata di circa 130 metri, alle 15.30 inizierà il Zogo de l’Oca in Piazza.
OCA PER TUTTI!
In questo tourbillon di sapori, colori e profumi, la regina incontrastata della Fiera sarà ovviamente l’oca. E non solo a tavola. Tutto, nella due giorni di novembre, rimanderà a lei, presente in ogni effige e dimensione in tutti gli angoli della festa, come le grandi sagome che spuntano dai portici.
Senza dimenticare che il nome ufficiale del mercato, aperto dal sabato pomeriggio fino a domenica sera, è “Ocaria”: tutto quello che è in vendita richiama il simpatico pennuto, con un’infinità di oggetti da collezione o per l’uso quotidiano creati in esclusiva per la manifestazione e “marchiati” con l’oca. Grembiuloni da cucina, canovacci, tovaglie, tovagliette, asciugamani. Piatti, tazze, tazzine, bicchieri. E ancora, cornici, scatole, matite, stampe, libri serigrafie. Insomma, di tutto e di più. Inoltre non possono mancare tutti i prodotti gastronomici a base d’oca provenienti dalle zone italiane più vocate, come il Friuli e la Lomellina.
Per i buongustai ci sono poi l’Osteria dell’Oca e l’Osteria del Fritto, perfette ricostruzioni, tutte in legno di vecchie osterie del ‘900: il luogo migliore per bere un bicchiere di vin broulè lasciandosi inebriare dai sapori di un panino con la salsiccia d’oca o di una mozzarella in carrozza con il prosciutto cotto d’oca o di un piatto di risotto alla salsiccia o di un piatto di ochette ripiene, naturalmente, di carne d’oca. Soddisfatto anche lo stomaco e il palato, ci si immerge nuovamente nella festa.